In merito a quanto letto nell'articolo di Michele e nei messaggi precedenti, sinceramente, non ci trovo nulla di scandaloso nel vedere in collezioni da expo lettere affrancate fuori tariffa, e allo stesso modo lettere indirizzate o spedite da noti collezionisti (come ricorda giustamente Paolo se non fosse stato per Diena la missiva di San Pietro a Maida ce la scordavamo...). "Eticamente", mi imporrei due regoline, però:
1) cercherei, se possibile e per quanto possibile, di sostituire la missiva "filatelica" con una "non filatelica"
2) cercherei, se possibile e per quanto possibile, di descrivere la tariffa in didascalia.
Vengo e mi spiego.
Anzitutto, sottolinerei il fatto che le due "regoline" sono più per me collezionista che per me giurato. Intendo dire che da giurato non penalizzerei in alcun modo il collezionista che non rispetta le due regoline sopra indicate? Perchè? Semplicemente perchè non c'è scritto da nessuna parte e in nessun regolamento che così deve essere. Quindi...
In merito alla prima regolina, occorre sottolineare il fatto che a volte la sostituzione non è proprio possibile. Michele, nel suo articolo, ha mostrato un paio di casi del genere. E lì è pacifico. Ma lo stesso Michele dice (ed è proprio questa la chiave di volta dell'articolo di Michele) che a sancire la regolarità di una missiva è la dimostrazione che ha viaggiato, e quindi poco importa la tariffa in più o in meno, o ancor più il mittente o il destinatario. Benissimo, giusto, d'accordo. Ma allora se così fosse tutte le buste con annulli di favore, che non hanno assolutamente viaggiato, dovrebbero essere bandite dalle collezioni da expo? Questa motivazione dell'aver viaggiato o meno, secondo me, è quindi un modo per giustificare l'inserimento di queste buste in collezione. Ed ecco, quindi, perchè, a mio modo di vedere, andrebbero sostituite con buste "non provocate". Sottolineo e ribadisco:
se è possibile. Se non è possibile, pace, da giurato di certo non mi scandalizzo.
Seconda regolina. Posto quanto detto alla prima regolina, mi attendo che il collezionista chiami quella busta con nome e cognome. D'altronde, esistono due parametri di valutazione, "Conoscenze filateliche" e "Conoscenze tematiche", sulle cui valutazioni pesa (tra le altre cose) quanto il collezionista conosca, dal punto di vista filatelico e/o storico-postale, i pezzi che inserisce in collezione. Il collezionista, in altre parole, mi deve in qualche modo dimostrare che ha inserito quel pezzo lì anzichè quell'altro pezzo là perchè il primo pezzo è più importante, o più rilevante, del secondo. Quindi, se si usa una busta non in tariffa mi attendo che il collezionista me lo scriva in didascalia (che male c'è? Perchè nasconderlo?) e, se è possibile, mi dica qualcosa in più proprio sulla tariffa stessa. Questo non significa che mi attendo un trattato storico-postale su quella missiva: più semplicemente mi attendo che il collezionista chiami con nome e cognome quel pezzo, allo stesso modo del chiamare i generici "Interi Postali" come "Cartolina postale" o "Aerogramma". Ripeto e ribadisco anche stavolta:
se è possibile. Se abbiamo una raccomandata via aerea dal Madagascar alla Nuova Zelanda... beh... non si può mica pretendere che si riesca a ricostruire quella tariffa lì... anche perchè, detto francamente, ma a che serve... però per le lettere di area italiana, dove sono disponibili volumi e volumi con tariffe dettagliate, beh, almeno lì il collezionista lo sforzetto potrebbe farlo.
Ma, e chiudo, torno a dire: non c'è alcun obbligo.. diciamo che sono più contento se il collezionista mi fa vedere che conosce il pezzo e non l'ha buttato lì a casaccio. Tutto qui.